(152km)

La partenza di questo percorso non poteva che essere Alba, la Capitale delle Langhe e dei grandi Vini del Piemonte. Fondazione romana (Alba Pompeia) e torri medioevali vi rimandano ad un passato nobile e antico. Gli uffici dell’Ente Turismo saranno ricchi di materiale e lieti di prenotarvi una visita guidata alla città (ma per i più indipendenti ci sono anche le audioguide in 5 lingue!).

Saliamo la collina di Altavilla, verso i primi filari di Nebbiolo da Barbaresco (il grande vino è prodotto solo nei comuni di Alba, Neive, Treiso e appunto Barbaresco) per scendere a Pertinace, località che ci ricorda l’Imperatore romano Publio Elvio a cui la località diede i natali quasi 2000 anni fa. Seguiamo le orme romane e saliamo a Treiso, una piazza, una chiesa e ta

nte colline, luogo fenogliano con un paesaggio mozzafiato e una grande ristorazione: nella frazione Canta trovate la Rocca dei Sette Fratelli, orrido a strapiombo su entrambi i lati della strada, che si sarebbe aperto per inghiottire sette fratelli blasfemi, salvando però la pia sorella rimasta appunto sulla sottile lingua di terra.

Da Treiso “scendiamo” verso Tre Stelle dove, nella vallata verso il Tanaro, sorgeva la Villa Martis imperiale e oggi invece trovate uno degli anfiteatri naturali più belli delle Langhe. Alle spalle fa capolino la torre di Barbaresco a cui arriviamo correndo sulla cresta della collina. In paese (uno dei borghi più caratteristici della Bassa Langa) trovate l’Enoteca Region

ale del Barbaresco, il Castello, la Torre con l’imperdibile belvedere, una decina di ospitali cantine (e altre 80 sparse tra Neive e Alba) e il sottostante Parco del Tanaro, un’oasi ornitologica ideale per una passeggiata nel silenzio e nella natura.

Il successivo borgo alto di Neive (detto “pais dij snioròt” -paese di signorotti- in dialetto) conserva appunto un centro ricco di palazzi e residenze nobiliari, chiuse all’interno delle due porte di accesso e dominate dalla torre dell’orologio: i romantici viottoli selciati sono tutti molto ben tenuti, fioriti e ricchi di scorci. In basso, ai lati della ferrovia è cresciuto il borgo nuovo, dinamico e commerciale, erede forse della laboriosità dei frati benedettini che nell’Alto Medioevo ri-colonizzarono quest

e terre precipitate nella barbarie, e che proprio qui a Neive fondarono il Convento di Santa Maria del Piano. Oggi l’edificio è scomparso ma resta il notevole campanile romanico, benevolo, solitario e inatteso, come in un quadro di vedutismo romantico.

La strada per Trezzo corre in una valletta stretta e ombrosa dove nasce il torrente Tinella, limes impalpabile tra Langhe e Monferrato: salendo verso il Cappelletto la vista si apre invece sulle mille colline verso il mare dove alla vite si abbraccia la nocciola e al mattone la pietra; passiamo così i tornanti di Mompiano, poi il monumento alla Donna di Langa (il cardine, la pietra angolare, la base fondante della società contadina), la Cascina della Langa, il Boscasso con un grande skyline alpino a 360 gradi (e da dove si prende il bivio di San Bovo e della rinnovata Cascina del Pavaglione, tutti grandi luoghi fenogliani) e infine Manera: ci troviamo sul confine altrettanto impalpabile tra Bassa e Alta Langa.

Ecco che fanno capolino le Torri di Pietra che punteggiano l’orizzonte, memoria delle invasioni dei saraceni e del sistema di Feudi dei Del Carretto che da Asti arrivavano fino a Finale, cioè dalla pianura padana al mare!

Le Torri erano infatti in primis un sistema di comunicazione, quindi una rete di avvistamento ed infine un’estrema difesa. Benevello domina il balcone forse più panoramico, vera cerniera tra valle Tanaro e Belbo, da cui nelle limpide serate invernali si vedono Cuneo, Torino, Asti e mezzo Piemonte.

 

La strada ritorna verso Alba, passando da Montelupo e Diano (primo comune del Barolo).

Scendiamo quindi al Castello di GrinzaneCavour dove il Conte Camillo Benso fu Sindaco per 17 anni e forse fece qui le prove di diplomazia che tanto gli tornarono utili per gli interessi del Regno. Di certo qui fece anche le prove per un vino rosso, gradato e corposo come già facevano (con sua grande invidia) da tempo i cugini francesi. Lui, insieme alla Marchesa di Baro

lo (Giulia Falletti Colbert) e a Carlo Alberto Savoia-Carignano (allora ancora spensierato principe di un ramo cadetto che mai avrebbe pensato di salire al trono, e pertanto dedito legittimamente ad attività di “bassa lega” come l’agricoltura) è davvero il padre putativo del Barolo, per cui ben si giustifica il motto (identico guarda caso al grande Tokay ungherese) “il vino dei Re, il Re dei Vini”. Il Castello oggi ospita l’Enoteca Regionale Piemontese, un ristorante e il Museo del Conte; è sede inoltre del Premio Letterario “Grinzane Cavour” (che si assegna tutti gli anni a giugno) e dell’Ordine dei Cavalieri del Tartufo e dei Vini d’Alba.

 

Raggiungiamo Sinio, nascosto col suo Castello-albergo il fondo alla piccola valle Talloria. Qui si raccontano storie e leggende (dalle Masche ai Settimini), si conservano memorie del folklore contadino e si mettono in scena commedie dialettali, eredità dei cantastorie che giravano tutte le Langhe accendendo le stalle di veglie e gli occhi dei bambini di sogni, per opera di Oscar Barile e della sua Compagnia Teatrale (non dimenticate però anche l’omologa Casa delle Memorie de “l’Arvangia” a San Donato del Mango).  Salire da Sinio a Roddino rende bene l’idea di quanta fatica possa costare coltivare la vite su queste colline (c’è da dire che poi il risultato vale la pena!).

Roddino offre forse la vista più bella sulla Langa del Barolo, a partire da Serralunga col suo intatto Castello-fortezza (da visitare assolutamente) e il concentrico arrotolato intorno. Le terre qui attorno erano feudo della famiglia ghibellina dei Falletti i quali cacciati da Asti nelle lotte intestine coi Guelfi, dovettero qui trasferirsi.

 

Castiglione Falletto col suo bel Castello turrito ne è appunto un’altra memoria. La strada che corre verso Monforte, proprio di fronte al Castello di Perno (anch’esso ospita un relais), è un piccolo “bignami” di grandi cru di Barolo (Vigliero, Rocche, Pian Povere, Bussia) ma se volete approfondire la mille sfumature del più grande rosso del mondo potete dedicare  qualche ora (o qualche giorno) alle Cantine Comunali di Serralunga, Castiglione, Novello e La Morra oppure alla grande Enoteca Regionale del Barolo, a Palazzo Falletti di Barolo appunto.

 

Ma prima raggiungiamo Monforte, con un celato ma notevole centro storico: un auditorium all’aperto a chiudere le strette vie che salgono su tra case di pietra addossate le une alle altre. Nel medioevo il paese venne raso al suolo perché colpito “dall’eresia catara”. I poveri Càtari rifiutarono l’abiura (ma il Piemonte ha una lunga tradizione di asilo e di libertà di culto, dai valdesi ai calvinisti, dagli albigesi ai rifomisti, dagli ugonotti agli ebrei) e vennero così tutti bruciati a Milano…in corso Monforte appunto! Monforte è famoso ovviamente per le grandi e celebri cantine e per una lunga tradizione di ospitalità che si riassume oggi in decine di strutture per ogni tasca e gusto.

Barolo ci aspetta più in basso col suo borgo fiabesco, le insegne dipinte, le vie piene di turisti… e il lugubre Castello della Volta abbandonato lassù a sovrastarlo dalla collina di Vergne (la Volta appunto crollò per punizione divina sulle teste dei nobili che festeggiavano in maniera lussuriosa.… e da allora nessuno lo volle più abitare). Il paese è una tappa obbligata per chi voglia capire davvero il mondo del Barolo, con le sue storie, le rivalità, le tradizioni, le competizioni e tanto tanto orgoglio.

La strada prosegue, superato il Castello della Volta, verso Novello, con “gli scherzi” architettonici” dello Schellino, il Gaudì delle Langhe (attivo a Dogliani, Cerretto Langhe e Pollenzo), vetta dei paesi del Barolo: il detto recita “soma sempre ‘n mira ‘d Novel” -siamo sempre in vista di Novello- per indicare che non si è fatta molta strada, ma va detto che -alto com’è- è difficile allontanarsi abbastanza da non riuscire più a vederlo!

Da Novello la strada scende sulla valle del Tanaro, a Monchiero dove nel Borgo Alto visse e dipinse a lungo il grandeEso Peluzzi. Il borgo è splendido, solitario e irreale: da non perdere!

 

Attraversiamo il Tanaro e passiamo da Lequio, cerniera tra Langa Monregalese e Altopiano Cuneese, per arrivare all’antica Augusta Bagiennorum, Bene Vagienna, capitale dei regni dei Liguri Bagienni prima, poi città imperiale per i romani ed oggi ameno centro porticato con le vie in francese (eredità delle repubbliche giacobine e dell’invasione napoleonica), le chiese stracolme di tesori, un Castello mediovale sulla rocca a piombo sul Tanaro e la più bella Area Archologica del Piemonte, nel piano verso Cherasco: un teatro (usato tutt’ora per rappresentazioni all’aperto), un anfiteatro, acquedotto, case, foro, necropoli: un’intera città, per larga parte ancora da scavare e scoprire!

Attraversando il vivace centro di Narzole, arriviamo infine a Cherasco, villa-nuova del 1243, con pianta a castrum romano, archi di trionfo, palazzi, chiese e conventi e opifici che hanno conosciuto secoli ininterrotti di opulenza e prestigio. È la Città delle Paci (ne vennero firmate cinque, tra cui quella della Guerra di Successione del Monferrato e quella tra Napoleone e Regno Sardo) ma anche delle Lumache (una lunga tradizione di elicicoltura) e dei Baci (delizie di nocciole e cioccolato fondente). Qui i Savoia nascondevano i loro tesori, tra cui più volte la Sindone; ma è anche la città di tante celebri famiglie ebree (è citata anche ne “Il Giardino dei Finzi-Contini”) dai Momigliano ai Debenedetti, di cui oggi restano più che altro le tombe del cimitero ebraico e un’imperdibile Sinagoga segreta; mentre la brava e rimpianta Gina Lagorio le ha dedicato il bel romanzo “Tra le mura stellate”.

Un giro completo per la città richiede tempo e informazioni: rivolgetevi all’attrezzatissimo Ufficio Turistico, sotto il Palazzo Comunale. Imperdibili però Palazzo Salmatoris, il Museo “Adriani” nel Palazzo Gotti di Salerano, il viale di platani secolari del Castello visconteo, la passeggiata dei Bastioni e magari una gita alla dimenticata località Eremo… nomen omen!

Scendiamo “dalle mura stellate” sulla pianura della vicina Pollenzo (l’antica Pollentia, florida città romana) dove nel 402 d.c. i Romani, guidati da Stilicone fermarono per l’ultima i barbari di Alarico, Re dei Visigoti (che però otto anni dopo conquisterà Roma). La frazione sorge sull’antico anfiteatro (ancora perfettamente visibile dall’alto) ma deve la sua attuale importanza al Castello e alle Tenute di Carlo Alberto. Inserita nell’Unesco World Heritage come Residenza Reale dei Savoia, Pollenzo oggi ospita, nelle sale dell’Agenzia agraria, l’Università di Scienze Gastronomiche, affacciata sulla bella piazza neogotica. Passiamo il Tanaro e saliamo, seguendo le abitudini del “Re tentenna”, fino a Verduno, col Castello albertino (disegni dello Juvarra, da non perdere lo specchio delle firme) e un romantico belvedere. Da qui scendiamo a Roddi, ultimo comune del Barolo, ormai alle porte di Alba, anch’esso castellato con un bel centro di età medioevale. La pianura di San Cassiano (dove si combatté la presa di Alba, cfr. “I 23 giorni” di B. Fenoglio) vi riporterà ad Alba in pochi minuti, in tempo magari per un aperitivo sotto le torri!

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