Su e Giu’ Tra le Case di Pietra
(152km)
Il nostro percorso nel cuore antico delle Langhe non poteva che partire da Cortemilia, capitale della Nocciola e antico quadrivio romano tra le due principali direttrici stradali. Cortemilia, divisa dalla Bormida (oggi fiume ritrovato) nei due storici borghi di San Pantaleo e San Michele vi attende all’ombra della bella Torre circolare, vestigia di un grande sistema castellato che la difendeva su ogni versante (restano tuttora le possenti fortificazioni, le più imponenti delle Langhe). Piccola metafora del dualismo stato-chiesa, anche qui troviamo di fronte ai simboli del potere imperiale (il Castello) quelli del potere temporale: il Convento di San Francesco; difatti proprio il Poverello di Assisi pare sia transitato da Cortemilia in uno dei suoi pellegrinaggi. Da non perdere le parrocchiali che danno nome ai due borghi e soprattutto la Pieve, gioiellino romanico extra-muros, sospesa in uno spazio senta tempo, sede di mostre e concerti. Appena sopra
la Pieve, le terrazze in pietra (il vero link economico-culturale con la sempre più vicina Liguria) si susseguono come cerchi di un Purgatorio dantesco: in vetta non la luce dei Sette Cieli ma il Monte Oliveto, sede dell’Ecomuseo dei Terrazzamenti e archetipo di tutte le case di pietra che della Langa più alta rappresentano il costante codice descrittivo.Di pieve in convento, raggiungiamo Castino, paese fiorito, a cavallo tra valli Bormida e Belbo, un tempo ricchissimo centro medioevale (vi sorgevano ben tre Monasteri, in centro trovate quello benedettino). Da vedere anche la prima Tartufaia Turistica delle Langhe, proprio dietro i giardini del Castello
.La costa verso lo Scorrone scende ripida tra muri a secco, una fontana di echi pavesiani e il paesaggio che si apre sulle mille vigne del moscato e del dolcetto (che qui ha assunto la dignità di Dolcetto dei Terrazzamenti) che corrono da Cossano Belbo fino a Santo Stefano. A Cossano sono famosi per gli “in”: tajarin, furmentin, tomin, salamin… e bon vin! Da vedere la chiesetta di San Bovo e di fronte il Santuario della Madonna della Rovere (citato in Pavese e Fenoglio).
Santo Stefano Belbo non è più “quattro case e un gran fango, ma ci passa la strada provinciale”, come scriveva Cesare Pavese del suo paese natale, ma un prospero paese di fondovalle con un centro storico tranquillo, umido di ombra e insegne dimenticate ma ben restaurato, col Centro Studi Pavesiani e la Confraternita polifunzionale ad aspettarvi al fondo della via maestra…più in alto, la torre sbrecciata conferisce un tocco “scozzese” al profilo della collina. Cesare Pavese con “La luna e i falò” ha davvero regalato ai lettori di tutto il mondo uno dei più struggenti romanzi del secolo scorso e al suo paese natale un posto nella grande letteratura. Qui tutto ci parla di lui, dalla collina della Gaminella alla casa di Nuto (il falegname-musicis
ta, confidente e amico dello scrittore), dal villino del Nido sospeso sopra Canelli (Porta del Mondo, che sa di vermouth e di arietta di Belbo) alla casa natale con Museo e osteria incorporati. Saliamo quindi sulla collina di Valdivilla, passando appena sotto la chiesetta di Moncucco (uno dei luoghi più panoramici della valle): qui il paesaggio è mozzafiato, i tornati della strada corrono tra le sottili isolinee dei filari a strapiombo: un’opera di alta ingengeria contadina, di muri a secco, di terrazze e “causagne” (le cappezzagne dei filari) strappate alla gravità, un capolavoro costruito non con la tecnologia ma con la secolare fatica quotidiana.
In vetta, più alto di tutti, vi aspetta Mango, con l’Enoteca Regionale del Moscato nel bel Castello dei Busca. Attorno, ecco il “Sinai delle colline” ma anche il teatro della guerra civile, con i partigiani che dopo l’armistizio salirono fin quassù a lottare (proprio a Valdivilla si tenne una delle battaglie più dure della Resistenza) per scendere ad Alba il 10 ottobre dell’anno 1944 (come ci racconta Beppe Fenoglio ne “I 23 giorni della città di Alba”) in una delle più brevi ma significative esperienze di autogoverno democratico, durante la seconda guerra mondiale. Percorsi resistenziali e fenogliani sono fruibili insieme ad una fitta serie di sentieri di trekking.Ripercorriamo dunque le orme dei ragazzi di 60 anni fa, passando dalla Langa del Moscato a quella del Barbaresco, e attraverso Neive e quindi la panoramica frazione di Tre Stelle, raggiungiamo i rossi tetti e le Torri di Alba (vedi primo itinerario).
Da Alba, usciamo per corso Langhe (già tutto un programma) e saliamo fino alla frazione Manera: all’incrocio a
sinistra, dopo poche curve ecco il bivo di San Bovo, il Luogo letterario per eccellenza: qui la vicenda di Agostino, servo di Tobia, si srotola tra gli erti campi del Pavaglione, in uno dei romanzi migliori di Beppe Fenoglio: “La Malora” appunto, vera summa delle sofferenze del mondo contadino (delle Langhe e del mondo), Oggi il Pavaglione è uno spazio aperto al pubblico perfettamente recuperato dalla Comunità Montana “Langa delle Valli” ed è la base ideale per partire alla ricerca delle atmosfere del grande scrittore albese.
La strada che scende al Belbo passa per il locus mirabilis di Borgomale, Castello leggendario (con la “classica” tragedia di Nella di Cortemilia, suicida per amore dalla torre più alta dove era stata rinchiusa) e case di pietra fuori dal tempo, quindi raggiunge Campetto, vero quadrivio letterario (a destra Fenoglio, a sinistra Pavese, dritto Augusto Monti, Cortemilia e il mare), con il Mulino e il vecchio albergo-osteria -oggi abbandonati- divisi dal possente Ponte Belbo.
Svoltiamo a destra per Bosia, e quindi in rapida successione, Cravanzana (grande Castello marchionale), Feisoglio (capitale dei funghi), Niella (una bella Torre e affreschi da leggere) e Mombarcaro, tutta la dorsale alla destra idrografica del Belbo che sale appunto sino alla vetta delle Langhe (il paese di Mombarcaro è quasi a 900 metri slm!) attraverso borghi romantici e vedute da sogno. Ma prima di Mombarcaro scendiamo a San Benedetto Belbo (altro grande luogo fenogliano, con la privativa di Placido) col suo convento benedettino. La strada sale poi fino al Passo della Bossola a metà strada tra Bossolasco (verso Alba) e Murazzano, con la Torre, il borgo chiuso tra i due archi di pietra, il Mulino a vento solitario… e un grande omonimo formaggio dop!
Per degustarlo al meglio raggiungiamo però Paroldo, il paese delle Masche (misteriose presenze esoteriche dei boschi che alimentano un flusso di leggende popolari), festeggiate durante l’Estate di San Martino; infatti in zona sono attivi alcuni caseifici attrezzati per degustazioni, e addirittura pernottamenti! Da Paroldo (da vedere gli affreschi gotici di San Sebastiano) puntiamo sul vicino Sale San Giovanni: un Castello da favola, due chiese con affreschi-capolavoro della scuola monregalese (la cimiteriale San Giovanni e l’isolata, imperdibile Sant’Anastasia), due giri di case strette sullo sperone che guarda la valle Cevetta, concerti di grande levatura in estate, una festa profumata e unica dedicata alle Erbe Officinali a giugno…manca solo un ristorante (ne trovate però un dozzina tutt’intorno)!
Da Sale S. Giovanni scendiamo a Sale Langhe (non ci crederete ma sono due comuni distinti… e rivali!) per risalire al Castello Rosso (imitazione ottocentesca di un maniero scozzese, su un preesistente sito fortifcato) e imboccare la strada per la Pavoncella (inaspettato altopiano a mezza costa) e quindi Camerana con l’alta Torre visitabile e il piccolo borgo fuori dal tempo. Siamo tornati in valle Bormida e scendiamo quindi su Saliceto, ultimo baluardo piemontese a cerniera con la vicina Liguria. E in effetti il borgo è già pieno di riferimenti architettonici liguri, con i carruggi stretti a scacchiera per arrivare all’imponenete Castello rinascimentale. Da vedere anche la Parrocchiale e soprattutto in fraz. Lignera, la Chiesetta di San Martino, gioiello insospettabile, interamente affrescato in stile gotico della scuola monregalese.
Da Saliceto saliamo tra i boschi di Gottasecca, paese archetipo delle Langhe più lontane, con un bel Santuario, i ruderi della Torre e all’attivo un poeta risorgimentale (Ravina) e un grande campione del pallone elastico (la pallapugno, lo sport di queste colline), Felice Bertola. Proprio ad una partita di Balon, se vi capita, cercate di assistere nelle Langhe, per capire qualcosa di più dell’anima di queste straordinarie colline: fatica, potenza ed una rara eleganza nel gesto che assomiglia quasi ad una danza… intorno, tante scommesse, chiacchiere domenicali, vestiti della festa e mille memorie di partite memorabili, di trasferte in Liguria, di tanti campioni. Su tutti, Augusto Manzo di Santo Stefano Belbo a cui hanno dedicato lo sferisterio del suo paese e perfino il déhor del più antico caffè di Alba!
Da Gottasecca proseguiamo per la rocca di Prunetto, dove nella notte dei tempi mezzo borgo sprofondò a valle salvando solo il romantico Castello e il contiguo Santuario. Oltre Prunetto la strada corre tra i borghi di pietra di Levice (da visitare la minuscola chiesa di San Rocco e le ripide vie lastricate) e di Bergolo, minuscolo ma attivissimo centro, famoso per tante manifestazioni, ma anche per la cimiteriale chiesetta romanica di San Sebastiano. Mille iniziative, dai murales di artista al memorial Pound, dalle rotonde firmate a mostre e concerti per un paese di appena 80 abitanti! Ma che in estate si anima come la costa azzurra, anzi il lago Lemano, vista la maggiornaza di turisti elvetici!
Da Bergolo, mille curve per soli 8 chilometri vi riporteranno a Cortemilia, pronti per una cena sicuramente indimenticabile!
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